‘Per dieci minuti’ di Chiara Gamberale: il tempo per riaversi

Capita di vivere situazioni difficili, a tratti anche strane, assurde. Capita a tutti; capita anche a me. Proprio in uno di quei momenti è comparso un libro che sembrava urlarmi “dai! Lo sai anche tu che è ora di rileggermi!”. Ho ascoltato il richiamo. Sin dall’inizio ho sentito un feeling diverso dalla prima volta che lo lessi, cinque anni fa. Il momento era diverso; io lo ero.

Una donna, una perdita e la sofferenza per quella perdita. Ho trovato lo specchio capace di riflettermi.
E subito mi ritrovo catapultata in un gioco, di quelli dove devi portare a termine delle missioni: dieci minuti al giorno da dedicare ad attività mai sperimentate prima, in vita nostra. Mille, forse miliardi! Eppure il gioco si trasforma presto in sfida di fronte alla novità, all’ignoto che ci attende e che ci spaventa.
Sfida che Chiara, la protagonista del racconto, decide di accettare e di affrontare, per trenta giorni, dieci minuti al giorno.

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Per dieci minuti, il diario di bordo di un gioco

Chiara Gamberale tratta il suo Per dieci minuti come il diario di bordo di questo gioco che diventa subito sfida, che da sfida diventa percorso di mutamento, di crescita personale.
Classe 1977, nata a Roma, la Gamberale consegue il titolo di laurea presso il DAMS di Bologna. Risale al 1999 l’uscita del suo primo romanzo, Una vita sottile. Nel 2008 vince il Premio Campiello grazie al libro La zona cieca. Affianca la carriera da scrittrice alla conduzione televisiva e radiofonica in trasmissioni come Io, Chiara e l’Oscuro su Rai Radio 2.

Quanto una perdita, in questo caso del proprio lavoro e dell’amore della propria vita, può farci sprofondare nel baratro, nell’abisso dove nuotano i nostri demoni? Chiara lo scopre a sue spese e ce ne rende partecipi raccontando la parte forse più catartica del suo ritorno in superficie, che inizia proprio quando la psicologa, la dottoressa T., le propone il gioco dei dieci minuti, ricordandole ( ricordandoci!) che “i giochi sono per persone serie”. Stare o non stare al gioco; tornare a vivere o continuare a morire: questa è la prima scelta! Questo è il punto di partenza.
Da qui tante piccole nuove esperienze, semplici, anche banali, ma il più delle volte inaspettate e tremendamente denudanti: cos’è, in fondo, la visione di un dipinto, il cambio di un pannolino, il guardare un video porno?

L’importanza delle cose semplici

Per dieci minuti mette davanti a una dura e cruda verità: troppo ciechi e chiusi nel nostro egoistico dolore, dimentichiamo l’importanza delle cose semplici, che in realtà sono intorno a noi come tante piccole finestre di opportunità, oltre le quali esiste un vento nuovo, sconosciuto, fresco e rigenerante.
È un libro, questo, che strizza l’occhio al genere dell’autofinzione, dove l’autrice compare con racconti di situazioni realmente vissute e scompare dietro a maschere di personaggi fittizi o dietro a racconti di fantasia.

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Leggero nella sua struttura, con capitoli brevi e ben calibrati per sostenere argomenti grevi, raccontati, nonostante tutto, con una schiettezza del linguaggio tale da farci dimenticare la quasi sensazione di claustrofobia che normalmente ci avrebbero trasmesso. Grazie a questa struttura agile, Per dieci minuti permette una lettura veloce, ma non frenetica o fugace. Dà al lettore il giusto tempo per metabolizzare e interiorizzare.
Dieci minuti al giorno per sé; dieci minuti al giorno per riappropriarsi di sé o – perché no! – per rinascere a nuova vita come farfalle dal bozzolo ed essere finalmente in grado di dire a quel passato doloroso e lontano “o dentro o fuori. Se resti sulla porta mi blocchi il traffico”.

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Giada Traini

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