In Pow 295945 Lettera dall’India, Liliana Arrigo ci racconta la storia e una storia. Perché, come dice nell’introduzione la “guerra non sia una regola e la pace l’eccezione”.
Mentre dal suo balcone Mussolini cerca una guerra da (far) combattere nel nome di Dio, della Patria e della Famiglia, uomini e donne che non vedranno mai il loro nome scritto nei libri di storia attraversano sofferenza, smarrimento, morte.
“Oggi che il nemico si affaccia ai termini sacri della Patria, i quarantasei milioni di italiani, meno trascurabili scorie, sono in potenza e in atto quarantasei milioni di combattenti, che credono nella vittoria perché credono nella forza eterna della Patria”.
Pow 295945, così l’autrice chiamerà più volte l’uomo al centro, e all’origine, di questo libro. Pow 295945 è un uomo, un padre, suo padre, un numero. È un soldato dell’esercito italiano, è un giovane fedele alla patria, fedele a ciò che gli viene chiesto di fare. Africa, Etiopia. Colonialismo. Fino alla sconfitta. Fino alla prigionia in India.
Un cartoncino telato con la data di cattura gli viene attaccato al collo con un cordoncino. Adesso è solo un numero, il 295945 e, circondato da sentinelle indiane armate, comandate da inglesi, con migliaia di altri italiani, dopo la fine dell’illusione di una guerra-lampo vittoriosa, è accompagnato all’imbarco. I prigionieri dei britannici fanno una breve sosta in un campo recintato di filo spinato e vengono rifocillati con dure gallette e scatolette di carne.
Accanto ad una ricostruzione storica che traccia la linea sporca di sangue incisa da una guerra mondiale e del colonialismo italiano, quello che questo libro ci restituisce, e che di questo libro ho deciso di prendere, sono le lettere che si scriveranno Pow 295945 e la sua famiglia durante i suoi cinque anni di prigionia.
Perché sono le lettere che ci confortano da ambedue le parti.
Un fiume di rassicurazioni e raccomandazioni che tentano disperatamente di mantenere un contatto e una linea temporale al di là del tempo, al di là della censura, al di là della distanza.
Un filo a cui tenersi legati, per non smarrire la famiglia, per non smarrire se stessi. Mentre la vita vita e lo scorrere del tempo si cristallizza e in un certo senso si normalizza nell’inchiostro e nella carta. Tutto accade sulla carta per Pow 295945. Matrimoni, nipoti, trasferimenti, i bombardamenti, la fine della guerra.
Tutto si cristallizza in Pow 295945. Il senso del dovere, il valore della divisa, l’indottrinamento. E poi il rancore.
30 aprile 1946
Cara madre rispondo alla V. del g. 19/2 contento nel sapervi tutti bene. Mi scrivete di fare la domanda per casi pietosi, come, voi da lì non ne avete fatto nulla e volete che la faccio io? lo non farò nulla. Come, voi sotto gli alleati state molto meglio di prima e Vi occorre il mio aiuto? Siamo di idee opposte e questo Vi basta. Il V. governo non dà nemmeno un soldo a quelli che facevano parte della milizia, e fra questi ci sono io. Vi raccomando non fate impiegare Lina, che Voi non sapete la depravazione che esiste negli uffici, specie in questo momento che Voi chiamate meglio di prima. Fate coraggio e state tranquilla, so che la verità Vi fa male, ma io non ne posso fare a meno.
Il mio rimpatrio ancora è distante. Vi prego se volete stare in comunicazione con me non dovete parlare di religione, degli Italiani e degli alleati che hanno rovinato l’Italia e la mia gioventù. Un anno fa Vi avevo scritto di uscire i documenti per casi pietosi e Voi non ne avete fatto nulla. Ora volete che lo faccio io di qua, che per l’informazione ci vuole minimo un anno. Ricambio i saluti di tutti. Vi bacio di cuore.
Solo nelle ultime pagine Liliana chiamerà Pow 295945 per nome e lo descriverà come si fa con un padre.
Era bello mio padre in divisa; alto con i capelli neri divisi da una scriminatura centrale seguendo la moda dell’epoca, grandi occhi grigi nel viso ovale, il naso greco e una bocca morbida sotto i baffetti ben curati. Un bel sorriso rivelava una dentatura sana.
Cinque anni di prigionia, chiuso nel recinto, in miserande condizioni, ne minarono il fisico. Oltre il filo di ferro la libertà agognata e la sua amata terra.
Mi restano le lettere, di questo libro di Liliana Arrigo. E, sebbene non riesca ad empatizzare in eguale misura con entrambe le divise, la certezza che la guerra la perdono gli ultimi. Sempre.
Alla radio Gino Bechi canta “C’è una strada nel bosco” quando l’annunciatore interrompe il programma. Nel pomeriggio dell’8 settembre 1943 Pietro Badoglio alle 19,45 il maresciallo dinanzi ai microfoni dell’ElAR di via Asiago a Roma legge con voce ferma il proclama con cui annuncia la cessazione delle ostilità.
Il messaggio inciso su disco, viene ripetuto ogni quindici minuti.
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Pow 295945 Lettera dall’India
Autore: Liliana Arrigo
Casa editrice: Medinova Onlus, Collana Storie Saggisitica
Anno: 2019
pp. 228
Una grande emozione poter leggere questa magnifica (non) recensione! E’ una storia che andava scritta per ricordare alcuni avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale che distruzioni e morte hanno recato in tutto il mondo. Grazie per avere letto attentamente e con vero interesse il libro.
Grazie a te per questo messaggio.