La prima volta che ho preso in mano il libro Divorzio all’islamica a viale Marconi, di Amara Lakhous, ho pensato: ecco, l’ennesima testimonianza sulla delicata questione immigrazione che mi farà piangere e sentire una merda per il semplice fatto di essere un’italiana del mio tempo!
Ora, ‘Divorzio all’islamica a viale Marconi’ è sì un libro che affronta la delicata questione ‘immigrazione’ (e sì, mi ha anche fatto sentire una merda per essere un’italiana del mio tempo), ma non solo. È una critica spietata e ironica sulla difficoltà dell’essere umano di riconoscersi negli occhi del prossimo.
Solito discorso trito e ritrito? Forse, ma il punto nodale di tutta la faccenda è proprio questo e, in ogni caso, l’autore riesce a sondarlo e a riproporlo in maniera rivoluzionaria. Ma andiamo con ordine…
Divorzio all’islamica a viale Marconi: trama
Roma, 2005. Un gruppo di immigrati musulmani, installati nella nota zona di viale Marconi, sta preparando un attentato.
I servizi segreti italiani, avvisati in tempo, reclutano Christian Mazzari, giovane siciliano e nipote di un nonno un po’ menestrello nato a Tunisi, come infiltrato per scovare i componenti della cellula.
La giusta fisionomia e la padronanza della lingua araba fanno di Christian una spia perfetta. E così, si ritrova a vestire i panni di Issa, un immigrato tunisino che cerca un impiego e una casa a Roma. Christian/Issa si cala, quindi, perfettamente nella sua nuova vita, incontrandosi e scontrandosi con i pregi e i difetti della sua nuova identità.
Nel pieno delle indagini, sul cammino del protagonista s’inserisce Safia, detta Sofia, una donna egiziana stranamente malinconica e con un grande sogno da realizzare in Italia. La donna è sposata con Said, per i romani Felice, ottimo architetto nel suo luogo di origine e puntuale pizzaiolo nella Capitale. L’incontro con i coniugi complicherà il compito della spia, immergendolo in un imprevedibile vortice di infatuazioni e gelosie che accompagnerà il lettore verso un finale inaspettato.
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Un libro a due voci
Tutto il libro è costruito sull’alternarsi delle voci di Issa e di Sofia. In ogni capitolo il lettore s’immerge completamente nei diversi punti di vista delle due voci e a volte ci si rispecchia, altre ci si affaccia per la prima volta.
Issa vive viale Marconi da siciliano che si finge arabo, continuamente in allerta per la missione che gli è stata affidata; è in grado di cogliere le sottigliezze della sua nuova cultura grazie agli insegnamenti del nonno, ma li sente comunque distanti, a volte incomprensibili. Sofia rispetta e difende la sua identità, spesso, però, non riesce a ricontestualizzare le sue origini, sentendosi incompresa tra incompresi. Le difficoltà della giovane donna sono, inoltre, raddoppiate: deve lottare ogni giorno per difendere Safia, la donna egiziana costretta a divincolarsi nei meandri delle problematiche che riguardano il suo essere donna nella cultura egiziana; e difendere anche Sofia, la donna obbligata a saltare gli ostacoli che anche un paese occidentale impone alla figura femminile.
Estranei a se stessi
La cosa che salta subito all’occhio è la grande preparazione dell’autore. La penna di Lakhous riesce a tracciare un racconto esatto, definito; in grado di spiegare la cultura araba e di raccontare l’Italia a noi occidentali.
Lo scrittore crea con sapienza un miscuglio geniale di stereotipi: gli arabi sono tutti terroristi; i siciliani sono mafiosi; le grasse proprietarie di Roma affittano camere agli immigrati per sfruttarli; gli italiani sono razzisti; gli arabi sono razzisti; c’è un solo Dio; la donna (indipendentemente dal colore della pelle) deve ubbidire al marito.
Amara raccoglie e gioca con gli stereotipi, i dialetti, i modi di dire fino a farli diventare una buffa cornice entro la quale s’inseriscono tutti gli individui che diventano uguali nel loro essere ridicoli.
Con l’ironia disarmante che lo caratterizza (nel libro non mancano episodi umoristici e bizzarri) l’autore tocca molte delle delicate tematiche che conosciamo bene, ma che meritano di essere sempre approfondite:
Il velo: simbolo di costrizione, di rispetto, di minaccia.
Il nome: i nomi arabi sono sempre ‘italianizzati’ perché il nome racchiude un’identità, un’origine. Per essere integrato bisogna storpiare quel pezzo d’identità appartenente a luoghi e culture lontane.
La donna: delicato contenitore di futura prole, senza sogni e senza diritto di parola.
Ed ecco perché ‘Divorzio all’islamica a viale Marconi’ è una favola tragicomica sull’incapacità di riconoscersi nell’altro, di vedere quante cose ci accomunano e come, attraverso questa incapacità, diventiamo estranei a noi stessi.
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Conosciamo l’autore di ‘Divorzio all’islamica a viale Marconi’
Amara Lakhous è nato ad Algeri. È laureato in filosofia all’Università di Algeri e in antropologia culturale alla Sapienza di Roma; si trasferisce nella Capitale nel 1995 e vi rimane fino al 2015.
Nel 1999 pubblica il suo primo romanzo Le cimici e il pirata. Nel 2003 pubblica in Algeria il secondo romanzo dal titolo Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda, riscritto in versione italiana, nel 2006, con il titolo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio. Nel 2011 è la volta del libro Un pirata piccolo piccolo. È del 2013 Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario. Pubblica nel 2014 La zingarata della verginella di Via Ormea. Attualmente vive a New York.
Marilisa Pendino
Divorzio all’islamica a viale Marconi
Autore: Amara Lakhous
Casa editrice: Edizioni e/o
Anno: 2010
pp. 188