Oggi il lungo cammino de LaMôme è lastricato di ricordi e incontri fortuiti; oggi si viaggia alla scoperta de ‘La canzone di Achille’.
“Μῆνιν ἄειδε θεὰ Πηληιάδεω Ἀχιλῆως οὐλομένην (…)”, “Cantami, o Diva, l’ira funesta del Pelide Achille (…)”. Le parole emblema della vita di uno studente di liceo classico, come sono stata io. Parole che diventano quasi un mantra. “Aiutami a narrare, Musa Calliope, l’ira funesta di Achille, figlio di Peleo”; questa dovrebbe essere la perifrasi dell’incipit del proemio dell’Iliade, se la memoria non mi inganna!
Sì, perché noi piccoli classicisti in erba crescevamo con il mito di Achille, eroe tra gli eroi della mitologia greca, e la curiosità di scoprire cosa fosse mai successo da scatenarne l’ira funesta. E così, dopo un po’ di rodaggio con la nuova lingua, iniziavamo ad addentrarci nel mondo narrato da Omero: la guerra di Troia, durata 10 anni, Elena, Paride, Ettore, Agamennone, Menelao e, infine, il Pelide Achille. Storie fantastiche di uomini e dei, insomma!
Ora, salto temporale di 13 anni. Non più le aule del mio liceo a fare da sfondo ma una libreria, una delle tante in cui un topo di biblioteca e una bibliofila come me si rifugia ogni tanto. Giro. Osservo ma non cerco. Ed ecco! Il solito incontro fortuito! “La canzone di Achille” entra ufficialmente nella mia vita.
L’autrice
Romanzo d’esordio nel 2011 di Madeline Miller; classe 1978, originaria di Boston, studia e si laurea in lettere classiche. Ha avuto modo di insegnare drammaturgia e adattamento teatrale dei testi antichi all’università di Yale. “La canzone di Achille” è stato pubblicato per la prima volta in Italia nel 2013 da Sonzogno. Il libro fa vincere alla scrittrice l’Orange Prize. Si rivela un successo internazionale, al punto da essere tradotto in 25 lingue. Madeline Miller prosegue la sua carriera di scrittrice nel 2018 con la pubblicazione di “Circe”, il suo secondo romanzo, pubblicato in Italia nel 2019 sempre da Sonzogno.
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La canzone di Achille: una rilettura del mito
Lo leggo, quasi d’un fiato! Il libro perfetto per una nostalgica! Ritrovo una storia nota, tanto cara, eppure tanto diversa. Una diversa chiave di lettura, un cambio al posto d’onore che spetta al narratore. Non più un narratore esterno, onnisciente, quasi freddo e distaccato; bensì un narratore presente, attivo, vivo. E non si tratta di Achille – il mio primo pensiero prima di iniziare a leggere, lo ammetto – ma del giovane Patroclo: l’amico, il compagno, l’amante di Achille.
È questo giovane impacciato, timido a reggere i fili del racconto; un racconto quasi autobiografico, ma mai egocentrico. La narrazione del suo vissuto è solo il veicolo mediante il quale arrivare a parlare di Achille. Sembra quasi che Patroclo non voglia essere protagonista; egli si mette, con tutta la semplicità che lo contraddistingue, a un lato come coprotagonista.
La Miller dimostra di conoscere in maniera talmente approfondita la materia omerica da poter offrire l’immagine di un personaggio che per millenni, nonostante l’importanza che ha rivestito, è rimasto ai margini. Ora Patroclo ha un volto nitido, una fisicità sì gracile ma definita; ha un carattere e dei sentimenti ben manifesti. L’infanzia difficile e triste. Un principe non degno di essere un principe agli occhi del padre. L’omicidio. L’esilio in terra di Ftia. La schiavitù presso re Peleo. L’incontro; un incontro destinato a segnare la vita e il destino di entrambi.
Achille continua ad essere l’emblema di perfezione che già descriveva Omero: letteralmente un dio in terra! Ma l’Achille di Madeline Miller non è più solo una macchina da guerra, mosso dalla brama di gloria. Qui è estremamente umano nelle sue debolezze, nel suo temperamento, a tratti burbero, a tratti gentile, nei suoi sentimenti.
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Il racconto mitologico che diventa storia d’amore
Questo è sì un romanzo fantastico, storico… è certo! Ma, in fin dei conti, è soprattutto un romanzo d’amore. Quell’amore assente quasi totalmente nell’Iliade, qui trova espressione nella relazione tra Patroclo e Achille: due giovani uomini, un principe guerriero e il suo therapon, compagno d’armi legato da un “giuramento di sangue e d’amore”.
È questo un amore perfettamente contestualizzato all’interno dell’antica società greca, la quale tollerava e, anzi, vedeva di buon occhio i legami omosessuali al di fuori del matrimonio. Chi sa non sia un caso che l’autrice abbia voluto trattare una tematica oggigiorno così scottante come le relazioni omosessuali!
Un amore completo, fisico e spirituale, puro, che pure deve piegarsi alle formalità. Achille, infatti, deve anche cedere, controvoglia, ad un matrimonio; da guerriero conquistatore deve avere schiave e concubine.
L’amore è il vero motore, il leit motiv dell’intero romanzo, al punto da riuscire a mettere a un lato la guerra, la violenza, i duelli che permeano l’Iliade.
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La canzone di Achille: scheda tecnica
“La canzone di Achille” è piacevolmente strutturato, con capitoli brevi e godibili, seppur densi di contenuto. Il lettore può godere di una cornice storica quanto più verosimile possibile, capace da una parte di accennare e, quindi, di far conoscere un po’ di usi e costumi di una civiltà così distante dalla nostra, dall’altra capace di reggere il peso della materia mitica.
Notabile è l’abilità descrittiva dell’autrice che viene fuori prepotente nelle scene di intimità tra i due protagonisti, talvolta esplicite ma sempre delicate e mai volgari.
Per concludere…
Madeline Miller esprime nel suo romanzo tutta la sua passione per la cultura e la letteratura classica in un romanzo capace di far appassionare neofiti e di far riaffiorare piacevolissimi ricordi di gioventù in una nostalgica come me!
Giada Traini
Titolo: La canzone di Achille
Autore: Madeline Miller
Casa editrice: Marsilio/ Feltrinelli
Anno: 2020
Pagine: 382
Una nota di lettura che coglie il nocciolo della storia, raccontata non come semplice retelling di una storia che già conosciamo, de La canzone di Achille, della Miller, studiosa di mitologia greca; tuttavia, la stessa nota, che però non dice che la storia è raccontata da Patroclo e in prima persona, sarebbe stata “completa” se avesse riportato anche uno o due frasi del romanzo per meglio far comprendere a chi legge la qualità (raffinata e icastica) della lingua usata dall’autrice.
gino rago