Chi non conosce Luigi Pirandello?! Nato a Girgenti il 28 giugno del 1867, è stato un drammaturgo, poeta e scrittore italiano.
Artista poliedrico, ha segnato per sempre con il suo particolare stile il mondo della letteratura e quello del teatro. La sua numerosa raccolta di lavori comprende vari racconti e novelle, spesso scritte in dialetto siciliano, e ben quaranta drammi. Per la particolare narrazione teatrale e i temi affrontati, Pirandello viene tutt’ora considerato uno dei più importanti drammaturghi del XX secolo.
Tanti sono i libri che narrano vita e opere del famoso scrittore siciliano eppure, leggendo diversi testi e spulciando tra le varie ricerche, si ha come l’impressione di riuscire solo in apparenza a cogliere tutto il genio e l’umanità di questo artista multiforme.
Oggi vi presentiamo una sorta di ‘resoconto’ delle tante (forse troppe) cose fatte e vissute dall’autore. L’intento non è quello di delineare perfettamente questa grande figura (obiettivo quasi impossibile) ma quello di esaltare i mille volti artistici di un uomo la cui penna ha lasciato tracce indelebili.
Luigi prima di diventare Pirandello
Luigi nasce in contrada Càvuso a Girgenti (l’attuale Agrigento) dal garibaldino Stefano Pirandello e Caterina Ricci Gramitto.
La famiglia vive in agiate condizioni economiche grazie al commercio del famoso zolfo siciliano.
Trascorre serenamente la sua infanzia a Girgenti tra scuola e chiesa. Ben presto, però, vengono fuori elementi comportamentali e caratteriali che l’autore presenterà anche nei suoi lavori: la difficoltà nella comunicazione con gli altri, in particolar modo con la figura paterna, e il ruolo della chiesa, delle superstizioni e dello spiritismo nella sua vita. È una domestica che lo introduce da piccolo ai racconti oscuri del mondo degli spiriti.
Luigi entra in contatto con la letteratura al Ginnasio, cimentandosi con i primi scritti. Nel 1886 inizia la sua carriera universitaria a Palermo per trasferirsi poi a Roma e continuare i suoi studi di filologia romanza. A causa dei continui contrasti con il rettore, decide di terminare l’università a Bonn nel 1889.
Consegue la laurea nel 1891 con una tesi sulla parlata agrigentina dal titolo “Foni ed evoluzione fonetica del dialetto di Girgenti” in cui descrive il dialetto della sua città e quelli dell’intera provincia.
Luigi Pirandello, l’amore e i problemi economici
Nel 1894 sposa Maria Antonietta Portulano (1871 – 1959). Pur essendo un matrimonio combinato (Maria Antonietta era la figlia del socio del padre di Luigi) i due si piacquero fin da subito.
I coniugi si trasferiscono a Roma grazie alla dote della sposa che permetteva di mantenere entrambi. Dal matrimonio nascono: Stefano (1895–1972), Rosalia Caterina (1897-1971) e Fausto Calogero (1899–1975).
Ben presto, però, la sorte inizia a giocare dei brutti scherzi. Nel 1903, a causa di un allagamento, frana una miniera di zolfo situata nella zona di Aragona e appartenente al padre di Luigi. Nella miniera era stata investita tutta la dote di Maria Antonietta e il crollo porta i due giovani coniugi a perdere ogni cosa.
L’evento segna molto la salute mentale, già compromessa, della giovane sposa. La donna, infatti, era soggetta a delle forti crisi isteriche che nel tempo sfociarono in una forma paranoica di gelosia.
Questa gelosia si riversa in tutte le donne che osano parlare con il marito, si scaglia anche contro la figlia che amareggiata decide di allontanarsi da casa.
Nel 1919, ormai disperato ed esausto, Luigi acconsente a far ricoverare la moglie in un ospedale psichiatrico. Maria Antonietta muore in una clinica nel 1959 all’età di 88 anni.
Luigi, vista la precaria situazione economica, si trova costretto a dover svolgere diversi lavori: insegna stilistica in un istituto femminile, impartisce lezioni private e collabora, a partire dal 1909, con il Corriere della Sera.
Luigi diventa Pirandello: il teatro e il premio Nobel
Il grande successo letterario si registra con Il fu Mattia Pascal (1904) scritto dall’autore durante le notti di veglia ai piedi del letto della moglie paralizzata.
Ma la grande ascesa arriva nel 1922 grazie al teatro. Note sono le collaborazioni con l’amico Nino Martoglio (1870-1921), che porta in scena due opere di Luigi: ‘Lumìe di Sicilia’ e ‘L’Epilogo’, e con Angelo Musco (1971- 1937).
La critica osanna il teatro pirandelliano, conosciuto anche come teatro dello specchio perché mostra la vita vera, cruda, libera dagli orpelli delle convenzioni sociali e dell’ipocrisia. Ma il teatro di Pirandello è anche mentale poiché non contempla la passività dello spettatore e, inoltre, serve a dare voce ai fantasmi dell’autore prodotti dalla sua mente.
In realtà il rapporto con il teatro è all’inizio molto burrascoso. L’autore non riesce, infatti, a far rappresentare i suoi primi lavori e questo lo porta ad allontanarsi da questo ambiente. Nel 1907 pubblica il saggio ‘Illustratori, attori, traduttori’ per esprimere il suo sdegno nei confronti del ruolo dell’attore teatrale, visto come un semplice traduttore della drammaturgia che nulla ha da comunicare al suo pubblico.
Successivamente Luigi ritorna ad occuparsi di teatro. Nel 1924 fonda la compagnia del Teatro d’Arte di Roma insieme ad altri artisti: il figlio Stefano, Claudio Argentieri, Antonio Beltramelli, Maria Letizia Celli, Pasquale Cantarella, Lamberto Picasso, Renzo Rendi, Massimo Bontempelli e Giuseppe Prezzolini.
Tra gli attori della compagnia spunta il nome di: Marta Abba, Maria Letizia Celli e Ruggero Ruggeri.
Le prime rappresentazioni sono: ‘Sagra del signore della nave’ (scritta dallo stesso Pirandello) e ‘Gli dei della montagna’ (di Dunsany).
Nonostante i vari successi (alcune opere vengono anche rappresentate nei teatri di Broadway) la compagnia si scioglie definitivamente nel 1928 per motivi economici.
Pirandello scrive per il teatro numerose opere che vengono suddivise in 4 fasi:
– Prima fase – Il teatro siciliano
– Seconda fase – Il teatro umoristico/grottesco
– Terza fase – Il metateatro
– Quarta fase – Il teatro dei miti
Teatro Siciliano
A questa fase appartengono alcuni testi scritti interamente in lingua siciliana, considerata dall’autore una lingua viva in grado di esprimere grande aderenza alla realtà.
Tra i testi della prima fase ci sono:
“Lumìe di Sicilia” (1910); “Pensaci, Giacomino” (1916) e “Liolà” (1916)
Il teatro umoristico/grottesco
Pirandello inizia ad allontanarsi dal verismo e dal naturalismo per avvicinarsi al decadentismo. I protagonisti dei testi sono personaggi che rompono le certezze del mondo borghese, introducono la versione relativistica della realtà e rovesciano i modelli consueti di comportamento.
Sono un esempio:
“Così è (se vi pare)” (1917); “Il berretto a sonagli” (1917); “La giara” (1917); “Il piacere dell’onestà” (1917); “La patente” (1918) e “L’uomo, la bestia e la virtù” (1919)
Il teatro nel teatro
In questa fase il teatro pirandelliano parla anche agli occhi. Rifacendosi alla tecnica shakesperiana, propone il ‘palcoscenico multiplo’ che consente di vedere più scene contemporaneamente.
Ma non solo, Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete; il pubblico diventa così attivo e si rispecchia nella vita degli attori in scena.
Si registra in questo periodo l’incontro con Eduardo De Filippo, con il quale instaura una profonda amicizia e una grande collaborazione.
Appartengono al metateatro:
“Sei personaggi in cerca d’autore” (1921); “Enrico IV” (1922); “L’uomo dal fiore in bocca” (1923); “Ciascuno a suo modo” (1924) e “Questa sera si recita a soggetto” (1930)
Il teatro dei miti
A questa fase appartengono:
La nuova colonia
Lazzaro
I giganti della montagna
A dimostrazione del suo acclamato consenso come drammaturgo riceve, nel 1934, il premio Nobel per la letteratura per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale.
Nella mente di Pirandello
Fin da giovane Pirandello si accosta alle questioni teoriche anche se profondamente convinto che qualsiasi filosofia fallisce davanti all’irrazionalità innata dell’uomo che lo fa bestia.
Approfondisce gli studi sui meccanismi della mente e sui comportamenti sociali nei confronti della malattia mentale (specie dopo le sofferenze della moglie) teorizzate da Sigmund Freud (1865-1939) e gli studi dello psicologo francese Alfred Binet (1857- 1911) sulla pluralità dell’io.
– Crisi dell’io
Gli studi sull’identità portano l’autore a formulare la teoria della crisi dell’io, secondo la quale il nostro spirito è formato da frammenti ben distinti tra di loro, ma in connessione tanto da riuscire a creare una nuova individualità con una propria coscienza. Ciò fa sì che diverse personalità possano vivere e convivere contemporaneamente in un unico corpo.
Pirandello suggerisce anche il modo di impadronirsi della propria (e unica) individualità. Questo, secondo l’autore, avviene con la follia che si ottiene dicendo la pura e sola verità, rompendo ogni ipocrisia e ogni consuetudine sociale.
– Filosofia del lanternino
Sempre sulla scia della crisi dell’io, formula (all’interno del romanzo Il fu Mattia Pascal) la filosofia del lanternino, secondo la quale il sentimento umano è un lanternino che si alimenta solo di illusioni, di ideologie varie e di religione.
L’autore esprime anche una certa sfiducia nei confronti della religione, sfiducia che gli provoca un vuoto dentro e che cerca inutilmente di colmare mediante l’occultismo e lo spiritismo.
– Comico VS Umorismo
Nel 1908 scrive il saggio ‘L’umorismo’ nel quale fa una distinzione tra comico e umorismo.
Per l’autore il comico è una sorta di avvertimento del contrario che provoca una risata perché mostra fin da subito l’aspetto contrario delle cose, mentre l’umorismo è il sentimento del contrario e nasce da una profonda riflessione che porta a un sorriso di comprensione e/o compassione. L’umorismo tiene conto della fragilità umana, dunque, è meno spietato del comico.
– Il flusso continuo della vita: cognitivismo psicologico e incomunicabilità
Gli studi sull’identità non cessano, anzi diventano sempre più frequenti e approfonditi. L’autore inizia a indagare gli aspetti più profondi dell’essere umano come i rapporti che si intrattengono con gli altri e la coscienza che ognuno ha di sé.
Per lo scrittore siciliano (ispirato dalla filosofia irrazionalistica di Bergson) l’universo e la vita sono dominati da un movimento inarrestabile che provoca il loro continuo divenire. All’interno di questo quadro mobile, l’uomo è alla mercé del caso e vani sono i suoi sforzi di ribellarsi alla casualità attraverso la creazione di forme fisse. Queste, infatti, ben presto lo imprigionano entro delle maschere che dovrà necessariamente portare per dare un qualsiasi senso alla propria vita, anche se non la riconoscerà mai come davvero sua.
Tutto questo porta alla formazione di prigionieri. Gli uomini sono incatenati alle convenzioni sociali e non possono liberarsene. Solo il folle, come abbiamo già accennato, riesce davvero (e a suo malgrado) a essere libero dalle catene delle consuetudini e a mostrare la sua vera natura.
Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.
– LP
L’impossibilità dell’uomo di tracciare delle forme prestabilite intorno alla casualità della vita, porta al cognitivismo psicologico che si esprime nel rapporto con se stessi (verticale) e nel rapporto con gli altri (orizzontale).
Se è vero che l’uomo alla nascita è libero, il Caso successivamente pone fine a questa sua condizione, inserendolo all’interno di una società con delle precise regole che gli conferisce una specifica parte da interpretare.
In questo senso l’uomo non è in grado di capire se stesso o gli altri perché tutti sono costretti a portare delle maschere oscurando la loro vera natura.
E da qui ci si ricollega a un altro aspetto problematico, quello dell’incomunicabilità. Ogni uomo vede la realtà in maniera diversa, non esiste nessuna oggettività, ma un insieme di realtà tante quante sono le persone a vederle. Ognuno crea così la sua verità che può nettamente differire da quella degli altri e, conseguentemente, subire le difficoltà di una comunicazione.
Le tre reazioni al relativismo
L’essere umano reagisce alle conseguenze del relativismo in tre modi:
– in maniera passiva: l’uomo dopo aver inutilmente provato a ribellarsi alla sua maschera, decide di accettarla passivamente perché convinto di non poter fare altrimenti.
– in maniera drammatica: l’uomo reagisce con disperazione alla maschera che gli è stata imposta, cerca di strapparsela con forza e, una volta aver capito di non riuscirci, accetta in maniera drammatica il ruolo che gli altri gli hanno imposto e decide di mantenerlo fino alle più tragiche conseguenze. Infatti, si chiude in una solitudine ossessiva che lo porta presto alla pazzia o al suicidio.
– in maniera ironica: l’uomo si rassegna alla sua maschera, ma esegue il ruolo che gli è stato imposto con una certa dose di ironia e di cinismo. E da questa crudele situazione cerca di ricavarne possibili vantaggi.
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Pirandello e il cinema
Il rapporto tra Pirandello e il cinema è molto conflittuale. Se ad un primo momento l’autore rifiuta categoricamente questo strumento comunicativo considerandolo di molto inferiore al teatro, in un secondo momento si ricrede e, incuriosito, lo avvicina sempre più.
Nel 1925 pubblica ‘Quaderni di Serafino Gubbio operatore‘, romanzo nel quale lo scrittore esprime tutto il suo disprezzo per il cinema, additandolo come un posto abitato da gente crudele il cui unico interesse è quello di creare prodotti di bassa qualità da dare in pasto alle masse ignoranti.
Considerazioni che abbandona ben presto, specie con l’avvento del sonoro che riesce a istillare nella mente dell’autore siciliano l’idea di aver a che fare con un potente mezzo capace di esprimere al meglio l’arte drammatica.
La penna di Pirandello: novelle e poesia
Tre sono i punti focali delle novelle pirandelliane:
1- Mancata delineazione della tematica e del tempo. All’interno sono sempre presenti una varietà di eventi e personaggi e il tempo, seppur non specificato, è un tempo passato, lontano.
2- Pessimismo/realismo pirandelliano. I protagonisti hanno sempre a che fare con il male prodotto dalla società, la morte e il caos.
3- Paesaggi. I paesaggi descritti sono diversi, ma si nota una particolare attenzione per i paesaggi rurali, tipici della terra d’origine dello scrittore.
Le novelle per un anno
Tra i numerosi progetti dell’autore vi è la raccolta ‘Novelle per un anno’. Si tratta della produzione di ben 365 novelle, una per ogni giorno dell’anno.
Il progetto, però, non viene realizzato, Pirandello ne scrive solo 241.
La poesia
Dal 1883 al 1912 Pirandello si dedica alla produzione poetica. La raccolta poetica più famosa rimane ‘Mal giocondo’ (1889) nella quale l’autore esprime il contrasto tra la serena classicità del mito e l’ipocrisia e la immoralità sociale della contemporaneità.
La politica
Pirandello è legato principalmente al patriottismo risorgimentale. Nel corso della sua vita condivide le idee dei Fasci siciliani e del socialismo.
Qualche anno dopo la fine della prima guerra mondiale decide di aderire al fascismo e nel 1924 chiede di poter entrare a far parte del PNF scrivendo un telegramma indirizzato a Mussolini, mentre nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile.
Molti intellettuali attaccano duramente Pirandello per la sua adesione al fascismo, adesione che altri motivano con il suo avvicinamento ai valori patriottici risorgimentali e la sfiducia nei confronti dei regimi socialdemocratici.
L’autore non manca più avanti di mostrare il suo malcontento nei confronti del fascismo dichiarandosi più volte, ormai deluso da tutti, apolitico.
La morte
Nel 1936, mentre assisteva a Cinecittà alle riprese del film tratto dal suo romanzo Il fu Mattia Pascal, si ammala di polmonite.
Pirandello ha 69 anni e un corpo martoriato dalla vita e da due precedenti attacchi di cuore. Nel dicembre dello stesso anno muore per l’aggravarsi della malattia.
L’autore con la sua dipartita lascia l’opera ‘I giganti della montagna’ incompiuta.
Per sua volontà viene cremato e inizialmente seppellito al cimitero del Verano a Roma, per poi essere (sempre secondo le sue volontà) sistemato nel giardino della villa di contrada Caos dove era nato.
Pirandello e le curiosità
La prima di Sei personaggi in cerca di autore, al teatro Valle di Roma, fu accolta con urla e fischi da un pubblico talmente arrabbiato tanto da costringere l’autore a scappare via.
Pirandello amava molto la sua figura. In molti dicono che era solito baciare la sua immagine riflessa nello specchio.
Il suo aspetto era gradito anche alle studentesse. Più di una dichiarò il proprio amore allo scrittore, ma tutte furono respinte.
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Marilisa Pendino