Scritto nel 1988, Kitchen è il romanzo d’esordio della nota autrice giapponese Banana Yoshimoto. L’opera, diventata subito un caso letterario, approda in Italia nel 1991 per i tipi di Feltrinelli, conquistando anche i lettori occidentali.
Kitchen: trama
La giovane Mikage Sakurai non è la ragazza più fortunata del mondo; ancora bambina, perde entrambi i genitori e viene allevata amorevolmente dai nonni. Cresce, frequenta l’università, vive una vita tranquilla, ma un altro lutto la colpisce duramente: la nonna muore all’improvviso; viene a mancare così l’ultima persona a essere ancora famiglia.
Mikage è completamente sola al mondo. Smarrita senza una guida e senza la voglia di fare nuovi progetti, si ‘nasconde’ nell’unico posto della casa che le dà conforto: la cucina. Per la protagonista la stanza, con i suoi utensili e il cibo ben conservato, è un luogo ovattato in grado di attutire il rumore sordo del dolore e della solitudine.
Mikage è pronta a sgretolarsi in quel rifugio anestetizzante, pronta ad appassire come un frutto dimenticato in un angolo del frigo. Ma, come spesso accade, la salvezza arriva all’improvviso; il giovane Yūichi Tanabe, amico della nonna, suona alla sua porta per invitarla a vivere insieme a lui e alla madre. In casa Tanabe, la ragazza troverà accoglienza, vecchi dolori, una figura femminile molto particolare e forse l’amore.
Leggi anche: Yu Hua: “IL SETTIMO GIORNO”, i sentimenti oltre la vita
Kitchen, un caso letterario: perché?
Un romanzo famoso, un vero caso letterario che ha portato il nome di Banana Yoshimoto in giro per il mondo. Ma perché Kitchen è così apprezzato?
A guardare bene i motivi sono tantissimi, ma è uno in particolare a colpire. Il romanzo affronta con estrema semplicità il complicato tema della solitudine giovanile. La Yoshimoto, allora 24enne, trova la formula impeccabile – quella della rielaborazione dei manga per ragazze – per raccontare a tutti cosa significa essere giovani e soli.
Mikage ha perso tutte le persone a lei più care. Il mondo le si presenta come un luogo dai posti tutti occupati, per lei non c’è spazio. L’unico rifugio che la protegge è la cucina perché stanze e oggetti diventano l’estensione di chi vi ha abitato, perché tutte le cucine di tutte le case sono il cuore pulsante della vita di una famiglia: in cucina si condivide, si litiga, si accoglie, si consola.
“Perché amo quanto ha a che fare con la cucina fino a questo punto? È strano. Per me è come trovare un’aspirazione lontana, incisa nella memoria dello spirito. Stando in piedi al centro di una cucina tutto ricomincia da capo e qualcosa ritorna.”
p.55
Leggi anche: Dura la pappa di riso, Signor Wang Meng! – Un caso letterario nella Cina degli anni ‘90 di Fiorenzo Lafirenza
Un fumetto letterario pop
Ma la solitudine – così come l’amore – ha diverse forme e la Yoshimoto non si limita a spiegare solo quella provocata da una persona scomparsa. La solitudine di Mikage incontra quella dei Tanabe, specie quella del giovane Yūichi, che ha origini diverse, strettamente legate all’accettazione di sé e degli altri.
“Una persona accanto può far sentire ancora più soli.”
p. 20
Attenzione a non confondere il libro con un romanzo tutto dolore e sofferenza. Così come ogni buon manga per ragazze (shōjo manga) Kitchen, e il breve racconto a chiusura, segue quella linea romantica che vuole gli eroi caduti, alzarsi e ritrovare una qualche forma di felicità, una qualche forma di resilienza.
In questo senso Mikage, grazie anche ai Tanabe, riesce a immaginare un nuovo percorso davanti a sé. Riesce a inventarsi una nuova famiglia – anche se composta da un ragazzo silenzioso e una mamma bizzarra e un po’ ambigua – all’interno di una nuova cucina.
La penna di Yoshimoto racconta l’amore, la solitudine, la morte e la rinascita in maniera diretta, secondo un particolare registro narrativo che caratterizza l’unicità del racconto giapponese; un racconto che come un fumetto letterario pop unisce stili e immagini diversi.
Banana Yoshimoto
Banana Yoshimoto (nome d’arte di Mahoko Yoshimoto) nasce a Tokyo nel 1964. È figlia del noto poeta e critico letterario Takaaki Yoshimoto. È sposata con il musicista Hiroyoshi Tahata e nel 2003 nasce il figlio Manachinko.
Molto apprezzata in Italia, ha ottenuto importanti riconoscimenti come Il premio Scanno (1993), il premio Maschera d’Argento (1999) e il premio Capri (2011).
Tra i suoi fortunati titoli: Tsugumi, 1989; Tokage (Lucertola), 1993; Honeymoon, 1997; Karada wa zembu shitte iru (Il corpo sa tutto), 2000; Chie-chan to watashi (Chie-chan e io), 2007; Moshi moshi shimokitazawa (Moshi moshi), 2010 e Sweet Hereafter (Il dolce domani), 2011.
Curiosità
Yoshimoto sceglie il nome d’arte Banana per i magnifici fiori rossi del bijinshō, comunemente conosciuto con il nome di red banana flower.
Marilisa Pendino
Kitchen
Autore: Banana Yoshimoto
Casa editrice: Feltrinelli
Anno: [edizione letta] 2018
pp. 148