Partiamo dall’inizio… Jack Kerouac!
Senza ombra di dubbio, Jack Kerouac non ha bisogno di particolari presentazioni. Scrittore, poeta e pittore, nasce a Lowell (Massachusetts) il 12 marzo del 1922 e muore il 21 ottobre del 1969 a St. Petersburg.
La vita e l’arte di Kerouac – strette in un abbraccio creativo e distruttivo – sono alla base della nota Beat Generation, movimento giovanile diffuso negli anni ‘50 in America che trova ambito di espressione nella letteratura, nella musica, nella pittura e nella poesia.
La stella della cultura Beat ha riunito sotto la sua luce nomi come Norman Mailer; Gregory Corso; Lucien Carr; Bob Kaufman e tanti altri. Il credo artistico del movimento si fonda su precisi elementi: sperimentazione stilistica; sperimentazione delle droghe; rappresentazione fedele della grave condizione umana; rifiuto del materialismo e rifiuto delle convenzioni. E così come la storia ci ricorda, i movimenti sottoculturali del ‘68 – si pensi all’opposizione della guerra in Vietnam – trovano linfa vitale proprio nella Beat Generation.
Kerouac, On the road e I Sotterranei
Ma ritorniamo al fondatore; Jack Kerouac vive una vita intesa, senza mai risparmiarsi. Dopo un’infanzia tranquilla, tutta la sua esistenza è attraversata da violenze, perdite, dipendenze, sesso, salute mentale precaria, stroncature artistiche, ma anche da incontri ‘letterari’ fortunati, amore e fama.
Questo suo perenne equilibrio vacillante diventa l’ispirazione principale di molte opere e di tanti altri artisti. I lavori dello scrittore vengono raccontati con uno stile diretto, quasi nervoso, e ritmato (Kerouac si definisce poeta jazz!) che lo stesso autore rinomina ‘prosa spontanea’. Quello che ne viene fuori è un raccontare e un raccontarsi costruendo immagini nitide, associazioni personali attraverso un flusso di coscienza privo (o quasi) di punteggiatura.
Testi come On the Road (1957) e The Subterraneans (1958) sono quelli che meglio incorniciano la sua penna, conferendogli la notorietà. Del resto, il primo titolo diventa il manifesto del Movimento, mentre il secondo viene accolto come “il romanzo d’amore della Beat Generation”.
Ma la vita terrena, seppur vissuta artisticamente, non è eterna. Un’emorragia addominale, causata dallo spettro dell’alcolismo, stronca un Kerouac 47enne.
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I Sotterranei: storia d’amore di un’altra generazione
Come abbiamo già detto, tra i titoli più noti di Kerouac figura quello de I Sotterranei. Si tratta di una storia d’amore nata tra Leo, scrittore dannato, e Mardou, giovane ragazza di colore costantemente alla ricerca di una sua indipendenza.
Ma quello vissuto dai due protagonisti è un amore che sempre fugge e sempre ritorna. Un sentimento finito già in partenza, avvelenato da improbabili sogni di infinite possibilità e di mancanze, ostacoli concreti.
Leo e Mardou sono anime vaganti che si incontrano e si scontrano per caso nelle piene (ma vuote) caves di San Francisco abitate da altre anime vaganti e ribelli; anime che rifiutano la condanna delle costrizioni sociali e morali; che cercano una via di fuga, una vita altra, un altro sé da sperimentare. E la strada che porta a tutto questo non può che essere lastricata di droghe, sesso, arte, alcol e jazz. Percorrendo proprio questa strada Leo e Mardou si perdono e si ritrovano, giurandosi amore vero e promettendosi eterna solitudine.
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Un flusso di coscienza spietato
Perfetto esempio di prosa spontanea, I sotterranei è un flusso di coscienza crudo e sincero. Kerouac lo scrive tutto d’un fiato nel 1953, quando a New York incontra e ama Alene Lee. Quella con Lee, reduce da un ricovero psichiatrico per problemi legati alla dipendenza da morfina, è una relazione intensa ma estremamente infelice. Dopo il tradimento di Alene con Gregory Corso, Kerouac, affranto, prende carta e penna e in sole 72 ore traccia la più famosa storia d’amore della generazione Beat.
L’opera è una spietata e veloce corsa. Una corsa per inseguire vita, ideali e amore, una corsa che prevede solo ostacoli e mai premi.
Carico di quel ritmo musicale tipico dell’autore, la storia di Leo e Mardou va letta così come è nata: d’un fiato. Pause e riflessioni non sono concessi al lettore, il quale rischia di perdersi, di rimanere indietro. Nei sotterranei ci si deve immergere fino al collo fin dal primo rigo per respirare sensazioni e immagini presenti tra le pagine.
Consigliato, ma…
Fernanda Pivano nella sua introduzione a I Sotterranei (Feltrinelli Editore – 1975) riflette sul ruolo decisivo dei giovani lettori che si riconoscevano nelle pagine di Kerouac:
“Forse da quelle migliaia di giovani si formeranno critici che tra qualche generazione spiegheranno ai giovani nuovi le scoperte stilistiche di Kerouac e l’ostilità con cui vennero accolte […] O forse no; forse quelle migliaia di giovani si dimenticheranno dei libri che hanno narrato le loro inquietudini e la loro tragedia.”
p. 27
Ora, Kerouac va sicuramente letto, sfogliato, conosciuto perché singolare narratore di una generazione alla prese con le agitazioni del suo tempo.
Quello che, invece, non è obbligatorio è la totale e inequivocabile comprensione del suo lavoro. Gli affanni e i sogni di questa generazione, e di tutte quelle che verranno, sfiorano quelle della Beat Generation ma senza mai fondersi.
L’autore de I Sotterranei è riuscito a portare a termine il suo ruolo di portavoce generazionale e – cosa ancora molto più importante – a farlo attraverso uno stile unico, irripetibile.
Basta, quindi, con tutti quei new Kerouac, quei malinconici Beat che provano-a-scrivere-tutto-d’un-fiato-sensazioni-e-immagini-di-un-mondo-utopistico, che si cimentano nella riproduzione di arte e vita dell’autore.
Jack Kerouac è morto e con lui il suo grido letterario. I nuovi lettori hanno sicuramente bisogno di punti di riferimento, ma fanno benissimo a meno di anonime fotocopie sbiadite.
Marilisa Pendino
I Sotterranei
Autore: Jack Kerouac
Anno: 1953/ pubblicazione 1958
Casa editrice: Feltrinelli Editore
pp. 163
PLENDIDO Articolo. A mio avviso; non si parla mai abbastanza, del merito di Kerouac & co. BRAVA Marilisa. 👏