I racconti di Guy de Maupassant: Il rifugio

Il rifugio, meno noto l’albergo, (titolo originale L’Auberge) è stato pubblicato per la prima volta nel 1886 sulla rivista Les Lettres et les arts, compare poi nella raccolta Le Horla, datata 1887.

Trama

Durante il periodo delle grosse nevicate, Jean Hauser, insieme alla moglie Jeanne e ai tre figli, lascia il noto rifugio di Schwarenbach (che serve da riparo ai viaggiatori che attraversano il passaggio di Gemmi) per raggiungere la confortevole Loëche.
A controllare il rifugio rimangono il grosso cane Sam e la vecchia guida Gaspard Hari, accompagnato quell’anno dal giovane Ulrich Kunsi.
Ad attendere le guardie (e il cane Sam) è un vero e proprio isolamento nel bel mezzo della bianca neve per sei mesi; cosa poco allettante, specie per Kunsi che non potrà rivedere la bella Louise, figlia di Hauser.

Tutto sembra procedere tranquillo tra il freddo e la monotonia della montagna. Ma ben presto la permanenza assume dei risvolti molto particolari.
Hari esce per una battuta di caccia e non fa più ritorno. Ulrich, rimasto solo con Sam, attraversa la montagna in cerca dell’amico. Non trovandolo, torna amareggiato al rifugio; passano le ore e, infine, i giorni ma della vecchia guardia nessun segno.
Kunsi sprofonda in una solitudine disperata, attenuata di tanto in tanto dalla presenza del cane. Le giornate si consumano lentamente, mentre le notti riversano nell’inquietudine; il giovane sente la voce di Hari, sicuramente morto, pronunciare il suo nome nell’oscurità e rimproverarlo per non essere riuscito a salvarlo.
Il senso di colpa, l’isolamento e le sempre più frequenti allucinazioni lo lasciano cadere prima nell’alcolismo e poi nella follia.

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Attirato da un rumore insolito, il cane Sam corre fuori nella gelida notte mentre Kunsi, ormai perseguitato dal rimorso e dal fantasma del suo vecchio compagno, si abbandona alle sue manie di persecuzione che lo spingono a sbarrare porte e finestre per rintanarsi completamente nella sua pazzia.
I mesi passano nella più totale disperazione e ben presto la primavera fa ritorno. La famiglia Hauser riprende il cammino per risalire la montagna fino al rifugio di Schwarenbach dove ad attenderli c’è una scena agghiacciante: il cadavere di Sam giace davanti la porta, mentre in casa il giovane Kunsi, divorato dalla fame e dalla solitudine, si aggira in preda al delirio.
Louise Hauser, profondamente sconvolta da quella visione, rischia la salute a causa di una malattia di languore che i medici attribuiscono al freddo di montagna.
Del vecchio Gaspard Hari non si saprà mai più nulla.

Guy de Maupassant - Il rifugio
Maupassant

Maupassant come Kunsi

Follia, percezione della realtà alterata. Questi i temi principali di una historiette elegantemente da brividi, quasi alla Edgar Allan Poe.
Del resto, Maupassant conosce fin troppo bene tali argomenti. Egli stesso, come abbiamo detto in un articolo precedente, presentava uno squilibrio fisico e psichico riconducibile alla sifilide, ereditata forse dal padre o riscontrata dopo una vita dedita ai più folli eccessi.
Non è un caso che la magnifica penna francese, morta nel 1893 in un manicomio di Passy, riesca a narrare con agghiacciante precisione la caduta di un essere umano nella più atroce delle sofferenze: la follia.

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Ogni singola parola, ogni singola descrizione viene soppesata fino a bilanciare la semplicità dell’esposizione del racconto e la complessità della vicenda vissuta dal protagonista.
Maupassant, infatti, è in grado di illustrare attraverso quella semplicità, che gli è tipica, lo sforzo sovrumano dell’individuo condannato a restare in equilibrio tra la dolorosa lucidità della propria condizione e la spietata pazzia che fa evadere la mente in altri luoghi, in altri tempi.
Il meticoloso tarlo della demenza, partorito dalla solitudine, s’impossessa del giovane Kunsi, scavandosi la strada attraverso la sua mente già provata dal rimorso di non aver potuto salvare il vecchio Gaspard.

E sembra quasi di vedere con i propri occhi la paura, provata in un breve sprazzo di razionalità, dell’essere umano che viene divorato dall’oblio della coscienza e che diventa altro da sé, fino ad assumere per sempre le sembianze di una bestia intrappolata nella gabbia dello squilibrio eretta all’interno del proprio cranio.

Chissà quanto di Maupassant c’è nel giovane Kunsi…

Marilisa Pendino

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