Felicità. Sapete dare una definizione esatta di questa parola? Difficile vero?! Possiamo addirittura ritenerla un’impresa quasi impossibile.
Fin dalla sua comparsa sulla terra, l’uomo si è sempre dato un gran da fare per trovare e possedere questa ‘cosa’ strana e inconsistente.
Il primo passo è stato quello di cercare di specificare il suo significato. Qualcuno ha detto che la capacità di poter definire cose ed emozioni è per l’uomo una pratica necessaria perché riconoscere le cose ne facilita il ritrovamento.
E la storia, infatti, ha visto saggi, filosofi, intellettuali e artisti impegnati a tracciare personali contorni entro i quali poter inserire la felicità.
Il risultato? Testi, tanti testi, scritti da uomini, più o meno felici, per spiegare ad altri uomini, più o meno felici, il suo significato e come/dove trovarla. Molti hanno preferito, invece, formulare ulteriori domande, giusto per facilitarci la vita!
Perfino i Negrita qualche hanno fa si chiedevano e ci chiedevano “Che rumore fa la felicità?”.
Tutti, insomma, la vogliamo anche se nessuno la conosce veramente.
Dopo aver letto numerosi libri su questo delicato argomento, sono riuscita a trovarne uno in grado di chiarirmi le idee. Si tratta de “La vita felice del ciarliero Zhang Damin”, scritto da Liu Heng nel 1997.
L’opera mi è stata segnalata da Fiorenzo Lafirenza, curatore della postfazione e della traduzione italiana dell’edizione pubblicata da Atmosphere Libri (2018).
Il suo contributo risulta essere davvero prezioso. Lafirenza è riuscito perfettamente a trasportare il testo nella nostra lingua, rendendo omaggio alla semplicità umoristica della penna di Heng. Un compito non facile, specie se associato a un tema così complicato.
Scopriamo, quindi, cosa si cela davvero dietro la parola felicità. Ma prima, qualche informazione sull’autore.
L’autore
Liu Heng, nasce a Pechino nel 1954. Diventa uno scrittore professionista alla fine degli anni ‘70 dopo aver svolto diversi lavori: contadino, soldato, operaio. La sua prima pubblicazione, Xiao shimo (La piccola macina di pietra), risale al 1977 ma il suo primo grande successo è Gouri de liangshi (Grano maledetto, 1986).
Considerato uno degli autori cinesi di maggior successo, a Heng va il merito di aver segnato, alla fine degli anni ‘80, la ripresa della corrente realista nella letteratura cinese. Ma non solo, è anche un acclamato sceneggiatore di film e serie televisive.
Con Fuxi Fuxi ha ottenuto il premio nazionale per il miglior romanzo breve nel 1987. Il romanzo Hei de xue (Neve nera,1988), sui problemi affrontati da un giovane delinquente appena rilasciato dalla prigione, è stato trasformato in un film, mentre La vita felice del ciarliero Zhang Damin (Pinzui Zhang Damin de xinfu shenguo, 1997) è diventato un film nel 1998 per la regia di Yang Yazhou (dal titolo Meishi touzhe le – Fa niente, riditela sotto i baffi -), una serie televisiva e anche un fumetto.
La vita felice del ciarliero Zhang Damin: trama
Pechino, anni Novanta. Quella degli Zhang è una famiglia molto numerosa (composta da madre vedova, cinque figli, generi e nuore) e con pochi mezzi a disposizione.
Vivono tutti riuniti, o forse sarebbe meglio dire ammassati, sotto lo stesso tetto. La loro è una di quelle tipiche case che si possono facilmente vedere in Cina (siheyuan). Piccola, anzi piccolissima, è formata da un cortile circondato da quattro edifici appartenute in passato ad un’unica famiglia e in seguito divise fra i vari nuclei familiari per essere successivamente abbattute a favore della nuova edilizia urbana.
Dopo la morte del capo famiglia, avvenuta in un incidente sul posto di lavoro, a prendere le redini è il figlio maggiore Zhang Damin.
Zhang Damin non è sicuramente l’uomo più intelligente del mondo, ma ama tanto la moglie, nonché vecchia compagna di giochi, Li Yunfang e il figlio Zhang Shu, diventato poi Zhang Lin, diventato definitivamente Zhang Xiaoshu.
Damin non è una persona cattiva, ma ha due grossi difetti: è logorroico (divenuto tale subito dopo la morte del padre) e spilorcio fino alle estreme conseguenze.
Ha, però, un grande pregio, quello di prendersi cura della propria famiglia e di essere in grado di trovare una soluzione a qualsiasi problema.
Riesce, infatti, nel difficile compito di ricavare all’interno delle strette mura domestiche un posticino tutto suo da condividere con la consorte.
Ben presto, però, le cose si complicano. A lavoro gli affari non vanno molto bene, Li Yunfang aspetta il suo primogenito, il fratello Sanmin porta a casa una moglie con dei segreti e, come se tutto questo non bastasse, la madre inizia a scivolare sempre più nella demenza senile, mentre la sorella Zhang Ermin s’innamora di un tipo apparentemente inaffidabile.
Se fino a quel momento Zhang Damin era riuscito a trovare la soluzione giusta ad ogni problema che gli si presentava, ora le difficoltà e le preoccupazioni diventano sempre più grandi. Dove sistemare tutti? Come trovare un po’ di privacy in una casa così piccola? Come aiutare i fratelli e le sorelle a combattere la precaria situazione economica? E come prendersi cura del figlio che sta per nascere?
Tra alti e bassi, tra pianti e sorrisi, escogita diversi piani per riuscire a raggiungere il suo obiettivo che è quello di poter vivere una vita serena con moglie e figlio, regalando un po’ di questa serenità anche agli altri componenti del nucleo familiare.
Per Zhang Demin in fondo la felicità, quella vera, è vivere la sua quotidianità senza intoppi. Riuscirà a raggiungerla?
La vita felice del ciarliero Zhang Damin: riflessioni
La Pechino degli anni Novanta è stata abitata da numerose ‘famiglie Zhang’. Il libro è come una fotografia che rappresenta alla perfezione le precarie condizioni in cui riversavano numerosi cinesi segnati dal periodo di passaggio del dopo Mao a quella dell’inizio della modernizzazione voluta da Deng Xiaoping.
Lo scrittore riesce a riportare in quest’opera i temi a lui più cari: morte, fame e sesso. Ma a differenza dei lavori precedenti, carichi di un profondo pessimismo, in questo caso decide di affrontarli con spietata ironia, provocando nel suo lettore delle risate velatamente malinconiche.
Heng è abile nel raccontare in poche pagine (138) la difficile quotidianità cinese, mescolando sapientemente drammaticità e umorismo, fino a portare alla luce delle vere e proprie situazioni tragicomiche. E così, attraverso dialoghi surreali ed esilaranti, concede ai lettori l’occasione per riflettere sulla vita, sull’amore e sulla precarietà dell’essere umano.
Ma non solo, l’autore consente anche di mostrare distintamente i due volti del popolo cinese. Da una parte il volto della povertà e dell’attaccamento alla famiglia, dall’altra la positività e la risolutezza nell’affrontare ogni ostacolo.
Leggi anche: Wang Meng: il potere delle parole
La felicità per Zhang Damin e Liu Heng
Il libro affronta anche l’elaborato tema della felicità e riesce a farlo partendo da ben due punti di vista, quello del protagonista del romanzo e quello del suo autore.
Per Zhang Damin, come abbiamo detto precedentemente, la felicità consiste nel vivere a pieno la quotidianità, nel riuscire a godersi ogni giorno le piccole gioie della vita: fare l’amore con la moglie, avere una camera tutta per sé, un figlio sveglio, mettere da parte abbastanza soldi per ogni evenienza.
E per Heng? Per quanto riguarda l’autore, è molto interessante la sua opinione espressa nella prefazione (alla prima edizione del romanzo) della sua opera: “Non ho un’opinione precisa sulla felicità. È trovarsi una brava moglie? Accumulare un sacco di soldi sul libretto di risparmio? Far sì che tuo figlio diventi un bambino prodigio? Darle a qualcuno che si odia senza violare la legge? Insomma, cambio idea ogni momento, e sono tutte di una banalità senza pari.”
E ancora: “I manuali insegnano che la felicità è accanto a te […] Ma allora, se la felicità ci sta accanto, e addirittura dentro, cos’altro andiamo cercando?”
[L.H, La vita felice del ciarliero Zhang Damin, pp. 7-8]
So bene cosa state pensando: Ma non avevi detto che questo libro ti aveva chiarito le idee?
Sì, è proprio così! Sono perfettamente d’accordo con l’autore e con il personaggio. La felicità è qualcosa di troppo grande e informe per riuscire a formulare una definizione che possa essere uguale per tutti.
Non si trova dentro di noi, ma ognuno di noi ha dentro la sua idea di felicità e questa idea interiore diventa una lente che ci consente di vedere questa ‘strana cosa’ riflessa su tutto quello che amiamo guardare. In questo senso sì, può essere la donna amata con la quale fare l’amore, la famiglia, la realizzazione professionale, una casa o un sogno.
Io non conosco il vero significato della felicità e non so dirvi come trovarla, forse bisogna cercarla incessantemente o forse basta soltanto aspettarla.
Ma se vi capita tra le mani tenetevela stretta, qualunque cosa sia…
Marilisa Pendino