I racconti di Guy de Maupassant: Il Marchese di Fumerol

Anche Il Marchese di Fumerol (titolo originale Le Marquis de Fumerol) è una novella comparsa per la prima volta nel 1886 all’interno della rivista letteraria francese Gil Blas e, successivamente, pubblicata nella raccolta Le Horla nel 1887.

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Trama

Ruggero di Tourneville è il figlio dell’influente conte, nonché senatore, Paolo di Tourneville e di sua moglie la contessa di Tourneville, timorata donna di Dio e sempre fedele ai princìpi della religione.
Il giovane si ritrova a raccontare una storia molto particolare sulla sua famiglia ai suoi goliardici compagni:

Il desinare dei Tourneville viene interrotto dalla lettera scritta da Melania, domestica del vecchio marchese di Fumerol. È quest’ultimo il fratello della contessa, zio di Ruggero, un uomo che ha passato la vita a sperperare il patrimonio di famiglia non curante né del giudizio degli altri né di quello di Dio.
Ora, dopo una vita intera di eccessi, il marchese sta per tirare le cuoia e la fedele domestica Melania si è assunta l’onere di avvisare gli unici parenti rimasti.

Ruggero e la madre, seguiti prontamente dall’abate Poivron, decidono di raggiungere il marchese per infondergli tutti i conforti religiosi. Guai se ciò non avvenisse! Sarebbe la rovina e della sorella braccio destro di Dio e del conte, nonché senatore, suo marito. Un vero scoop per i giornali socialisti…
Al loro arrivo trovano un pallido marchese di Fumerol segnato dalle esagerazioni e abbandonato sulla sua poltrona, ciononostante due donnine grassottelle stemperano, da brave professioniste, l’amara attesa della fine.
Ruggero è il primo a salutare lo zio mai conosciuto prima, ma quando quest’ultimo intuisce le reali motivazioni di quella visita scoppia il finimondo. I ‘ladri di anime’ sono venuti a prendersi con la forza anche lui. E dopo un braccio di ferro estenuante tra fede e miscredenza, il marchese (forse per la troppa ira o per l’ira di qualcuno che sta lassù… vai a capire!) cade a terra esanime.

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Tristi e addolorati, i presenti si mobilitano per riscattare attraverso la fede quell’anima ormai da troppo tempo perduta. Al vecchio vengono concessi i generosi e non richiesti conforti religiosi con annesso funerale in pompa magna. Così, Dio ha accolto alla sua destra una pecorella smarrita, i membri del partito monarchico e cattolico trionfano per una nuova vittoria e conte e contessa hanno scongiurato il pericolo di scandalose maldicenze.

Guy de Maupassant - Il marchese di Fumerol

La (non) libertà della fede

Il nostro Maupassant ci propone la sempiterna questione tra giusto e sbagliato, tra il credere e il non credere.
Un fardello che ha arrovellato la mente di pensatori, religiosi e miscredenti e che si spera possa non arrovellare in questa sede anche la nostra. Tuttavia è fondamentale (e mai scontato) azzardare qualche riflessione.
Narrandoci una storia classica, quella della famiglia dalla morale impeccabile che vuole salvare la pecora nera della casa, l’autore sottopone alla nostra attenzione il ‘vero mistero della fede’ che in questo caso si rintraccia, e qui mi assumo tutte le responsabilità, nella (non) libertà della fede.

Tra le tante definizioni ‘da vocabolario’ della parola sopracitata abbiamo: Credenza piena e fiduciosa che procede da intima convinzione.
Ma quando è l’intima convinzione a mancare si può ancora parlare di libertà, di diritto di credere o meno? La salvezza imposta non è forse una condanna mitigata? …. mistero!

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E la penna francese fa molto di più. Mette in luce qualcosa di più potente del timore di Dio… il timore delle malelingue!
I Tourneville, illusi adepti di una fede dell’apparenza, partono per una imbarazzante missione spirituale al fine di ‘concedere’ i conforti religiosi al moribondo non per esaudire gli insegnamenti e la parola dell’Altissimo, ma per mettere a tacere la possibile maldicenza degli uomini.

« Uscite di qui… uscite di qui… ladri d’anime… Uscite di qui…. violatori di coscienze… Uscite di qui, scassinatori di porte dei moribondi! »

p. 242

Cosa vuol dire credere veramente? E quasi marzullianamente vi chiedo ancora: Crede di più il marchese che individua Dio e lo fugge con tutte le sue forze o credono di più i Tourneville che vestono la religione come un abito elegante da esibire solo per le occasioni importanti?

La materia della fede, che nulla ha a che fare con la religione, è qualcosa di troppo grande per riuscire a confinarla entro contorni ben delineati (e la storia ce lo insegna) ma se c’è una cosa certa è che intima convinzione fa rima con manipolazione, costrizionepensare, riflettere, mettere in dubbio, solo in questo modo l’uomo è in grado di trovare le sue risposte. Il resto poi ha a che fare con qualcosa che è più antico di ogni credenza e ancora più misterioso: il rispetto! Ma questa è un’altra storia…

Marilisa Pendino

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